The 22nd August 2020 marked the day on which the global economic system has reached the annual limit beyond which we will ask to the ecosystem more than it is able to regenerate [1]. Although this date was reached three weeks later than the previous year, with a reduction in humanity’s ecological footprint of 9.3%, the conditions that supported this result are far from positive [1]. The reduction in emissions achieved as a result of the confinement policies imposed by many governments are in fact short-term, with a substantial increase already monitored by the post-lockdown restart [2].
Considering that the balance between the economic, social and environmental spheres of any economic system is crucial for a true sustainable development, two of the three pillars have been severely tested by the pandemic. The heavy repercussions on the economic and social point of view have in fact significantly impacted the lives of citizens and businesses despite an alleged improvement in environmental conditions. A real crisis in human development, i.e. the process of progressive improvement in living conditions, which threatens to cancel out the progress achieved over the last 30 years [3]. In order to monitor this phenomenon, the United Nations Development Programme has introduced an indicator called the Human Development Index (HDI) [4]. The index is actually composed of 3 sub-indicators measuring living standards, education and health. In particular, longevity, years of education and gross national income are evaluated respectively.
An interesting perspective is obtained by comparing the HDI index with the ecological footprint quantified in “number of earths” needed to meet human needs in a calendar year (Figure 1). Considering an HDI value deemed high starting from 0.7 (on a maximum value of 1) and a theoretical ecological footprint value calculated on the resources of one planet earth per year, it is possible to obtain an area where human prosperity is satisfied and guaranteed without exceeding natural limits, namely the One Planet Prosperity (Figure 1).
There are only a few national and entrepreneurial realities that currently fall within the One Planet Prosperity area, with some nations positioned at extreme values both for HDI (e.g. HDI<0.5 in some states in Africa and Middle East) and for ecological footprint (e.g. nations in Asia and EU with equivalent needs equal to 8/9 planets per year) [1]. Consequently, two macro-strategies called “One-Planet Strategies” can be implemented in order to improve the sustainability of nations and especially of individual businesses, enabling a transition from the concept of “companies” to that of “One Planet Prosperity companies” (OPPC).
As shown in Figure 1, the first strategy consists in favouring a system where the OPPCs provide for the primary needs of the population while remaining within the limit of resources equal to a maximum of one planet per year (involvement of the SGDs 1, 3, 4, 5, 8, 10, 16, 17, i.e. those mostly focused on people’s well-being) [1, 5]. The second strategy, on the other hand, consists in the OPPCs reducing their dependence on resources while maintaining the capacity to meet people’s needs while preserving the ecosystem (involvement of SDGs 2, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 14, 15) [1, 5]. In this case, a shift from fossil to renewable sources may represent a less drastic and applicable solution in a shorter time than a complete revision of the business model according to circular economy principles.
The adoption of one or the combination of the two strategies provides a new key for the sustainability of businesses and can contribute to giving resilience and competitive advantage to industrial realities. Some of the most significant benefits found among OPPCs include the following:
- increased attractiveness of the company for investors [6], clients and top talents;
- greater flexibility and the ability to anticipate legislative changes in resource consumption and reisudes production/use;
- greater ability to resist fluctuations in resource prices, especially those near their complete depletion [1].
The main activities to initiate change with the aim of becoming an OPPC must be conducted on an ongoing basis according to a cycle composed of:
- quantify the impacts of the activities on the three pillars of sustainability in their entire cycle from beginning to end;
- assess their relevance in contributing to the transition to the One Planet Prosperity zone;
- guide the strategy with concrete actions, e.g. new R&D activities, new acquisitions, corporate restructuring. [1]
The concept of One Planet Prosperity represents the clear need to consider the limits of our planet, remembering however that the well-being of people and the entire ecosystem depends on political and industrial actions. Human development and ecological footprint are two parameters that, despite being different, must be considered together to understand the real impact that each strategy has on sustainability. It is therefore only through conscious choices that it is possible to guarantee long-term success which can withstand crisis such as the one generated by the global pandemic.
Le strategie One Planet ed il concetto di One Planet Prosperity
Il 22 agosto 2020 ha segnato il giorno in cui il sistema economico globale ha raggiunto il limite annuo oltre il quale verrà domandato all’ecosistema più di quanto esso sia in grado di rigenerare [1]. Sebbene tale data sia stata raggiunta con tre settimane di ritardo rispetto all’anno precedente, con una riduzione dell’impronta ecologica dell’umanità ridotta del 9,3%, le condizioni che hanno coadiuvato tale risultato sono tutt’altro che positive [1]. La riduzione delle emissioni raggiunta a causa delle politiche di confinamento imposte da molti governi sono infatti a breve termine, con un sostanziale aumento già monitorato dalla ripartenza post-lockdown [2].
Considerando che l’equilibrio fra la parte economica, sociale ed ambientale di qualsiasi sistema economico risulta essere fondamentale per uno sviluppo realmente sostenibile, due dei tre pilastri sono stati comunque messi a dura prova dalla pandemia. Le pesanti ripercussioni del punto di vista economico e sociale hanno infatti impattato significativamente la vita di cittadini ed imprese nonostante un presunto miglioramento delle condizioni ambientali. Una vera crisi dello sviluppo umano, ovvero il processo di miglioramento progressivo delle condizioni di vita, che minaccia di cancellare i progressi raggiunti negli ultimi 30 anni [3]. Al fine di monitorare questo fenomeno, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo ha introdotto un indicatore chiamato Human Development Index (HDI), ovvero l’Indice di Sviluppo Umano [4]. L’indice è in realtà composto da 3 sotto-indicatori misuranti gli standard di vita, educazione e salute. In particolare, sono valutati rispettivamente longevità, anni di educazione e reddito nazionale lordo.
Una prospettiva interessante si ottiene confrontando l’indice HDI con l’impronta ecologica quantificata in “numero di pianeti terra” necessari per soddisfare i bisogni umani in un anno solare (Figura 1). Considerando un valore di HDI ritenuto alto a partire da 0,7 (su un valore massimo di 1) ed un valore teorico di impronta ecologica calcolato sulle risorse di un pianeta terra all’anno, è possibile ottenere una zona dove la prosperità umana viene soddisfatta e garantita senza superare i limiti naturali, ovvero la One Planet Prosperity (Figura 1).
Sono poche le realtà nazionali ed imprenditoriale che allo stato attuale ricadono nella zona della One Planet Prosperity, con alcune nazioni posizionate a valori estremi sia di HDI (e.g. HDI<0,5 in alcuni stati di Africa e Medio Oriente) che di impronta ecologica (e.g. nazioni in Asia ed EU con fabbisogni equivalenti pari a 8/9 pianeti annui) [1].Di conseguenza, due macro-strategie denominate “ Strategie One-Planet” possono essere attuate al fine di migliorare la sostenibilità di nazioni e soprattutto di singole realtà imprenditoriali, abilitando una transizione dal concetto di “companies” a quello di “One Planet Prosperity companies” (OPPC).
Come riportato in Figura 1, la prima strategia consiste nel favorire un sistema dove le OPPC provvedono ai fabbisogni primari della popolazione rimanendo però entro il limite di risorse pari a massimo un pianeta annuo (coinvolgimento degli SGDs 1, 3, 4, 5, 8, 10, 16, 17, ovvero quelli maggiormente incentrati sul benessere delle persone) [1, 5]. La seconda strategia consiste invece nella riduzione da parte delle OPPC della dipendenza dalle risorse, mantenendo tuttavia la capacità di soddisfare al meglio i bisogni delle persone e preservando al contempo l’ecosistema (coinvolgimento degli SDGs 2, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 14, 15) [1, 5]. In questo caso, un passaggio da fonti di origine fossile a fonti rinnovabili può rappresentare una soluzione meno drastica ed applicabile in tempi più brevi rispetto ad una completa rivisitazione del modello di business secondo i principi dell’economia circolare.
L’adozione di una delle due strategie o l’unione di esse forniscono una nuova chiave di lettura per la sostenibilità d’imprese e possono contribuire a donare resilienza e vantaggio competitivo ai business. Fra i vantaggi più riscontrati fra le OPPC si annoverano:
- incremento dell’attrattività dell’azienda per investitori [6], clienti ed i migliori talenti;
- maggiore flessibilità e capacità di anticipare cambiamenti legislativi in materia di consumo risorse e produzione/utilizzo residui;
- maggiore capacità di resistere a fluttuazioni nei prezzi delle risorse, specialmente quelle in esaurimento [1].
Le attività principali per avviare un cambiamento con lo scopo di diventare una OPPC devono essere condotte in maniera continuativa secondo un ciclo composto da:
- Quantificare gli impatti delle proprie attività sui tre pilastri della sostenibilità nel loro intero ciclo da inizio a fine;
- Valutare la loro rilevanza nel contribuire alla trasizione verso la zona di “One Planet Prosperity”;
- Guidare la propria strategia con azioni concrete, e.g. nuove attività di R&D, nuove acquisizioni, ristrutturazioni aziendali. [1]
Il concetto di One Planet Prosperity raffigura la chiara necessità di considerare i limiti del nostro pianeta, ricordando tuttavia che dalle azioni politiche ed industriali dipende il benessere delle persone e dell’intero ecosistema. Sviluppo umano e impronta ecologica sono due parametri che, seppure diversi fra loro, devono essere considerati insieme per comprendere il reale impatto che ogni strategia ha sulla sostenibilità. Solo attraverso scelte consapevoli è quindi possibile garantire un successo a lungo termine e capace di resistere a momenti di crisi come quello generato dalla pandemia globale.
C. Vinante, D. Basso
References
- Global Footprint Newtork, Schneider Electrics, 2020. Strategies for one-planet prosperity. How to build lasting success on our finite planet.
- WMO, 2020. United in Science 2020. [Online] public.wmo.int/en/resources/united_in_science
- UNDP, 2020. Covid-19 and Human Development: Assessing the Crisis, Envisioning the Recovery. [Online] http://hdr.undp.org/sites/default/files/covid-19_and_human_development_0.pdf
- UNDP, 2020. About Human Development. [Online] http://hdr.undp.org/en/humandev
- Schneider Electric, GFN, 2020. Strategies for one-planet prosperity.How to build lasting success on our finite planet.
- BlackRock, 2020. Sustainable investing: resilience amid uncertainty.