Di Letizia Magnani QN Economia 11 settembre 2023
“QUELLA CHE ABBIAMO messo a punto è una tecnologia e un primato italiano che consente il recupero di materie prime strategiche quali fosforo, magnesio e boro, così come altri nutrienti, acqua ed energia rinnovabile. Ciò consente di cambiare per sempre il paradigma dei fanghi: da rifiuto a risorsa strategica a livello europeo, diminuendo la dipendenza da paesi extra-EU, principali esportatori di tali materie, e creando un nuovo mercato interno con ricadute positive non solo economiche, ma anche occupazionali”, spiega Daniele Basso (nella foto sopra), fondatore e Ceo di Hbi, start up italiana, fondata nel 2016. La società, con sede a Bolzano, ha depositato il quarto brevetto relativo al suo innovativo processo di trattamento dei fanghi di depurazione, sviluppando la propria capacità di rispondere all’esigenza, sempre più sentita a livello nazionale ed europeo, di ridurne lo smaltimento in discarica o l’incenerimento, abbattendo i costi. Stando a dati Ispra, nel 2020, l’Italia ha prodotto circa 3,4 milioni di tonnellate di fanghi provenienti dal trattamento delle acque reflue urbane, con una crescita del 10% negli ultimi anni, che lascia stimare sia siano stati ormai superati i 4 milioni di tonnellateanno.
La tecnologia sviluppata da Hbi, grazie alla collaborazione con le maggiori Università e Centri di Ricerca italiani, integra la carbonizzazione idrotermica (Htc) e la gassificazione e permette di recuperare dai fanghi importanti nutrienti riutilizzabili in agricoltura. Con questo brevetto inoltre si risparmia acqua, utilizzando l’85% di quella già contenuta nei fanghi, per produrre energia rinnovabile. Il tutto riducendo di più del 90% il materiale che oggi viene portato in discarica o incenerimento. L’intero sistema è energeticamente autosufficiente e sfrutta l’energia recuperata dai fanghi durante il processo di trattamento, in linea quindi con la prospettiva europea della neutralità energetica dei depuratori al 2040. Attraverso il nuovo brevetto, gli ingegneri e i ricercatori di Hbi hanno ottimizzato il design complessivo dell’impianto, mettendo a punto un sistema di controllo dell’intero processo cui sono sottoposti i fanghi che consente di ottimizzarne l’efficienza e migliorare il recupero termico complessivo. “Siamo all’inizio di una profonda trasformazione del modo con cui i fanghi di depurazione vengono gestiti e trattati. La tecnologia oggi è matura per consentire il passaggio a vere forme di economia circolare applicate ai fanghi che costituiscono una risorsa finora non sfruttata di acqua, energia e materie prime critiche. L’applicazione della nostra tecnologia, interamente sviluppata in Italia, offre ai gestori del ciclo idrico la possibilità di ridurre i costi, aumentare la resa del processo e raggiungere veri traguardi di sostenibilità, migliorando quindi il proprio rating Esg.
I prossimi mesi ci vedranno impegnati nella realizzazione di nuovi impianti in Italia e nell’espansione internazionale”, racconta Daniele Basso. Per un impianto da 10mila tonnellate all’anno di capacità, in grado di servire circa 100mila abitanti, ciò si traduce nella riduzione del 15% dei costi di realizzazione e, per le società di gestione, di circa il 20% delle spese operative. Per i gestori dei depuratori delle acque reflue l’uso dell’impianto Hbi si traduce infatti in una riduzione immediata dei costi di gestione dei fanghi senza dover ricorrere a nuovi investimenti in conto capitale. Oggi i costi di smaltimento dei fanghi in Italia oscillano tra le 150 e i 400 euro a tonnellata. Il Sud è particolarmente esposto a costi elevati, ma le tariffe variano da nord a sud e sono soggette a continui rincari. La nuova tecnologia proposta dalla start up consente di superare le attuali inadempienze del sistema nel trattamento dei fanghi di depurazione per le quali l’Unione Europea ha aperto una serie di procedure di infrazione nei confronti dell’Italia, con un costo per la collettività di oltre 60 milioni di euro, circa un euro a cittadino, all’anno. Proiettata a livello nazionale, l’efficienza del progetto e la riduzione di costi si traduce in un potenziale risparmio, per il sistema produttivo, per gli enti locali e per la collettività, tra i 120 e i 150 milioni di euro su base annua. La stima è della start up, che punta a presentare il proprio brevetto al mondo. L’idea alla base del processo è quella di trasformare i fanghi da problema ad opportunità. Lo sguardo dei progetti è quello di una nuova strategia urbana, ecosostenibile ed economicamente vantaggiosa.
“È un progetto di economia circolare che permette la chiusura del ciclo idrico integrato, portando innovazione green, sostenibile ed economicamente vantaggiosa in un settore di grande rilevanza industriale e sociale”, spiega il fondatore della start up, Daniele Basso. Il primo impiego è stato a Bolzano, nel depuratore cittadino, poi nel sito GPLab di Veritas, a Fusina, in provincia di Venezia. In oltre 8 mila ore di funzionamento sono state trattate circa 800 tonnellate di fanghi sia pre che post digestione anaerobica, raggiungendo tutti i risultati di processo prestabiliti. Sulla base di questi risultati, la tecnologia è stata certificata da Rina, con certificazione Etv (Environmental Technology Verification) a novembre 2022. Gli impianti di trattamento dei fanghi di depurazione di Hbi sono autorizzati come “trattamento fisico-chimico“ in quanto il gas prodotto dal processo termico dei fanghi risulta purificato in misura tale da non costituire più rifiuto e le sue emissioni non sono superiori a quelle derivanti dalla combustione del gas naturale.