C. Vinante, D. Basso
In its various versions, the sustainability report is a tool capable of monitoring and summarizing the actions that an organization takes to maximize its environmental, social and economic performance. Considered as a non-financial report, the sustainability report has undergone numerous iterations in terms of content and form, up to a series of internationally recognized frameworks (e.g. GRI [1], UN Global Compact [2], ISO 26000 [3]).
Although a complete assessment of an organization’s ability to create value is more addressable through an integrated report [4], the sustainability report allows organizations of any size and nature to make a first step towards the analysis of their impact, enabling the subsequent implementation of continuous improvement programs.
This document has a twofold aspect:
- internal, when used within company boundaries to monitor performance and orient strategy accordingly;
- external, if used by the company as a resource to communicate to stakeholders in a transparent manner what the impacts on the environment, society and economy are.
The latter approach used until now by large and multinational companies following the enactment of the European Directive 2014/95/EU [5] subsequently implemented in Italy through the D.Lgs. 254/2016 [6], has allowed many companies to choose whether and how to publish the non-financial reporting document. As a result, the disclosure of the sustainability report is mainly carried out by organizations with high performance [7], leaving companies with low performance (for which the report would be an excellent tool to show their commitment to improve) outside any type of communication related to ESG criteria [8]. This behavior is widely studied by the so-called signaling theory, according to which sustainability reporting is a tool capable of reducing information asymmetry between shareholder and manager [9].
However, a second current of thought follows the institutional theory which states that it is legitimacy that pushes companies to disclose sustainability-related information for improving the company image (mostly through greenwashing practices) [10]. The risk of communicating performance data which may be subject to bias, although mitigated by the presence of accredited reporting standards, lies in the freedom of the company to choose which indicators to use and consequently which information to highlight and which to hide [11].
For this reason, studies such as the one proposed by Papoutsi & Sodhi (2020) [11] aim to understand the effectiveness of sustainability reporting in conveying information on the real ESG performance of organizations. The methodology consists in identifying macro-categories of sustainability indicators to which it is possible to give a score according to the quality with which they are represented in the reports. Subsequently, these scores are compared with the major ESG ratings (e.g. DJSI [12], MSCI [13]) in order to verify whether the score assigned to the macro-categories corresponds to the scale used by the ratings. Although this methodology strongly relies on the trustworthiness of ESG ratings, which are often assigned as a result of complex and meticulous evaluation processes, the comparison allows an understanding of how much the information disclosed through the reports can be considered as useful to draw an opinion on a company’s sustainability performance.
The results of Papoutsi & Sodhi’s research (2020) show how a common thread between performance presented in the sustainability report and third-party ratings actually exists and how environmental and social sustainability practices are clearly distinguishable, disproving the theories which state that the social sphere is often underestimated [11]. These findings support the signaling theory and underline the potential of the sustainability report as a tool for:
- transparent communication with all stakeholders;
- internal decision-making and communication between managers and shareholders;
- disclosure of the company’s commitment to monitoring impacts (positive and negative), as well as its efforts to achieve higher performance levels;
- assessment of companies’ attractiveness of business to sustainable investments.
Overall, the reporting obligation (of big companies) is to be considered as outdated in a context where sustainability, besides being a necessity to ensure a resilient future in the long term, is a source of competitive advantage [14] and therefore represent an opportunity also for smaller companies.
Il report di sostenibilità come strumento di analisi della performance ESG
Nelle sue svariate versioni, il report di sostenibilità è uno strumento capace di monitorare e riassumere le azioni che un’organizzazione intraprende per massimizzare la propria performance ambientale, sociale ed economica. Considerato come una rendicontazione di carattere non-finanziario, il report di sostenibilità ha subito numerose iterazioni in termini di contenuti e forma, fino a delineare una serie di framework comunemente riconosciuti a livello internazionale (e.g. GRI [1], UN Global Compact [2], ISO 26000 [3]).
Sebbene una valutazione completa dell’abilità di un’organizzazione di creare valore sia maggiormente percepibile attraverso la stesura di un report integrato [4], il report di sostenibilità permette ad organizzazioni di qualsiasi dimensione e natura di effettuare un primo passo verso l’analisi del proprio impatto, abilitando la conseguente implementazione di programmi di miglioramento continuo.
Tale documento ha un duplice aspetto:
- interno, se utilizzato all’interno dei confini aziendali per monitorare la performance ed orientare la strategia di conseguenza;
- esterno, se utilizzato dall’impresa come risorsa per comunicare agli stakeholder in maniera trasparente quali sono gli impatti su ambiente, società ed economia.
Quest’ultimo approccio, utilizzato fino ad ora da imprese di grandi dimensioni e multinazionali a seguito dell’emanazione della Direttiva Europea 2014/95/UE [5] successivamente recepita in Italia attraverso il D.Lgs. 254/2016 [6], ha permesso a molte realtà di poter scegliere se e come pubblicare il documento di rendicontazione non-finanziaria. Di conseguenza, la divulgazione del report di sostenibilità è principalmente effettuata da organizzazioni con performance elevata [7], lasciando le imprese a bassa performance (per le quali il report fungerebbe ottimo strumento per manifestare il proprio impegno a migliorare) fuori da qualsiasi tipo di comunicazione legata ai criteri ESG [8]. Questo comportamento è ampiamente studiato dalla teoria della segnalazione (signaling theory in inglese) secondo la quale il report di sostenibilità è uno strumento capace di ridurre l’asimmetria informativa fra shareholder e manager [9].
Tuttavia, una seconda corrente di pensiero segue la teoria istituzionale secondo la quale è proprio la legittimità delle imprese a spingerle a divulgare i report di sostenibilità per migliorare la propria immagine attraverso pratiche spesso associate al greenwashing [10]. Il rischio di comunicare performance soggette a bias, seppur mitigato dalla presenza di standard di rendicontazione accreditati, risiede nella libertà dell’impresa di scegliere quali indicatori utilizzare e di conseguenza quali informazioni far risaltare e quali invece nascondere [11].
Per questo motivo, studi come quello proposto da Papoutsi & Sodhi (2020) [11] mirano a comprendere l’efficacia del report di sostenibilità nel veicolare informazioni sulla reale performance ESG delle organizzazioni. La metodologia consiste nell’identificazione di macro-categorie di indicatori di sostenibilità alle quali è possibile attribuire un punteggio a seconda della qualità con cui esse sono rappresentate all’interno dei report. Successivamente, tali punteggi sono confrontati con i maggiori rating ESG (e.g. DJSI [12], MSCI [13]) con lo scopo di verificare se il punteggio assegnato alle macro-categorie corrisponde con la scala utilizzata dai rating. Nonostante questa metodologia faccia affidamento sull’attendibilità dei rating ESG, i quali sono spesso però assegnati a seguito di processi di valutazione complessi e minuziosi, la comparazione permette di comprendere quanto le informazioni divulgate attraverso i report possano essere considerate come utili per trarre un’opinione sulla performance di un’impresa per ciò che riguarda la sostenibilità.
Dai risultati della ricerca di Papoutsi & Sodhi (2020) si evince come effettivamente un fil rouge fra performance presentata nel report di sostenibilità e rating di terze parti esista e come le pratiche di sostenibilità ambientale e sociale siano chiaramente distinguibili, confutando le teorie secondo le quali la sfera sociale è spesso sottostimata [11]. Questi risultati avvalorano la teoria della segnalazione e sottolineano il potenziale del report di sostenibilità come strumento di:
- comunicazione trasparente con tutti gli stakeholder;
- decision-making interno e comunicazione fra manager e shareholder;
- divulgazione dell’impegno aziendale nel monitorare gli impatti (positivi e negativi), nonché degli sforzi effettuati per raggiungere livelli di performance più elevati;
- valutazione dell’attrattività delle imprese ad investimenti sostenibili.
Nel complesso, l’obbligatorietà nel redigere il report (delle aziende più grandi) è da considerarsi come superata in un contesto dove la sostenibilità, oltre ad essere una necessità per garantire un future resiliente sul lungo periodo, è una fonte di vantaggio competitivo [14] e rappresenta pertanto un’opportunità anche per le aziende con dimensioni ridotte.
References
[1] Global Reporting Initative. About GRI. [Online] https://www.globalreporting.org/Information/about-gri/Pages/default.aspx
[2] United Nations Global Compact. About the UN Global Compact. [Online] https://www.unglobalcompact.org/about
[3] International Organization for Standardization. ISO 26000 – Social Responsibility. [Online] https://www.iso.org/iso-26000-social-responsibility.html
[4] International Integrated Reporting Council, 2013. The International <IR> Framework. [Online] https://integratedreporting.org/wp-content/uploads/2015/03/13-12-08-THE-INTERNATIONAL-IR-FRAMEWORK-2-1.pdf
[5] European Parliament, 2014. Directive 2014/95/Eu of the European Parliament and of the Council. [Online] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX%3A32014L0095
[6] Repubblica Italiana, 2016. Decreto Legislativo 30 dicembre 2016, n. 254. [Online] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/01/10/17G00002/sg
[7] Cuadrado-Ballesteros, B., Martínez-Ferrero, J., & García-Sánchez, I. M., 2017. Mitigating information asymmetry through sustainability assurance: The role of accountants and levels of assurance. International Business Review, 26(6), 1141-1156.
[8] Mahoney, L. S., Thorne, L., Cecil, L., & LaGore, W., 2013. A research note on standalone corporate social responsibility reports: Signaling or greenwashing?. Critical perspectives on Accounting, 24(4-5), 350-359.
[9] Fernandez-Feijoo, B., Romero, S., & Ruiz, S., 2014. Effect of stakeholders’ pressure on transparency of sustainability reports within the GRI framework. Journal of business ethics, 122(1), 53-63.
[10] Lyon, T. P., & Maxwell, J. W., 2011. Greenwash: Corporate environmental disclosure under threat of audit. Journal of Economics & Management Strategy, 20(1), 3-41.
[11] Papoutsi, A., & Sodhi, M. S., 2020. Does disclosure in sustainability reports indicate actual sustainability performance?. Journal of Cleaner Production, 121049.
[12] S&P Global. The SAM Corporate Sustainability Assessment. [Online] https://www.spglobal.com/esg/csa/csa-resources/about-csa
[13] MSCI. ESG Investing. [Online] https://www.msci.com/esg-investing
[14] Järvinen, E., 2020. Sustainability as a source of competitive advantage: a case study of Tella Oy.